Il PECKato della domenica

Di Eleonora Boggio

Pur non essendo nativa milanese, Peck è un ricordo ereditato dall’infanzia. Si trattava di una tappa fissa delle peregrinazioni del sabato a Milano. Partivamo la mattina da Biella, sul presto. Posteggiavamo in un parcheggio dietro la galleria, andavamo in Rinascente in cerca di novità o per me bambina da Gusella. Si pranzava in un ristorante in via Solferino, si compravano le “michette” da Garbagnati e poi si andava da Peck. Gli acquisti variavano con le stagioni ma due classici permanevano nonostante gli sbalzi delle temperature e l’avvicendarsi degli anni. Erano il gorgonzola “con la goccia” e il salame Milano.

Oggi Peck mantiene la nomea dell’eccellenza italiana e basta varcare la soglia di questo tempio del gusto per vivere appieno quella che è un’esperienza a tutto tondo. Che non manca di rinnovarsi nel tempo. Il nuovo corso di un marchio dalla durata ultracentenaria (ndr  Peck aprì battenti 130 anni fa) è, infatti, stata l’apertura domenicale dello storico negozio di via Spadari.

La domenica è scandita da alcuni riti. Si trova il pane fresco di giornata, prodotto con farine diversificate di agricoltura biologica macinate a pietra per garantire il mantenimento delle sostanze vitali dei chicchi. Un pane in molteplici varianti: macine, filiera bianca, pane paesano, pane nero di Sicilia, panfrutto, pan tramvai, pane di quinoa, pane di Carlo Alberto, pane al farro, ciambelle di segale, pane francese, bocconcini, pane di pastadura dove le materie prime sono a km zero e provengono da terreni coltivati solo in modo naturale. Per non parlare della pasta fresca.  Quotidianamente vengono preparati formati di pasta fresca: gnocchi, ravioli con carne, pesce o verdure di stagione, tortellini di carne, tagliatelle, tagliolini e maltagliati; da condire a piacimento e disponibili anche su prenotazione. Sono inoltre sempre aperti il reparto macelleria e quello di ortofrutta. La gastronomia riserva piatti classici a cui si aggiungono primi della tradizione italiana e secondi di carne  e pesce. Grande spazio è dedicato ai piatti vegetariani, ai dolci di cui è artefice il pastry chef Alessandro Diglio, e ai te e agli infusi. Il tempio procede nel sotterraneo dove si trova la più grande cantina di Europa. Oltre tremila sono le etichette incluse le riserve speciali e i grandi formati ma che domenica sarebbe senza concedersi il vizio di un brunch unico al mondo?

Il ristorante Al Peck, al primo piano, aperto dalle 10 per la colazione con brioche appena sfornate nel laboratorio artigianale, dalle 12 alle 16 ospita il brunch: un rito domenicale che va oltre il bancone della gastronomia, ma da essa attinge ingredienti e prodotti di massima qualità, quella qualità che ha reso PECK famoso nel tempo. Ad accoglierci è il maître Sebastiano Gariboldi, che ci invita a sedere ad un tavolo alla finestra. “Da qui, quando è bello si vede anche il lago.”

La giornata è splendida e la sala interamente a nostra disposizione. Gustiamo un Mimosa e ci dedichiamo al buffet, in cui l’imbarazzo della scelta è grande. Decido di farmi guidare dal maître che sceglie per me una deliziosa battuta di pesce al coltello e un crudo di pesce del mediterraneo che si scioglie in bocca. Al tavolo arrivano i fritti ancora caldi. E gustiamo crocchette e verdure in pastella. Nella vasta scelta di primi e secondi piatti predisposti dallo chef Matteo Vigotti ci facciamo tentare dalle lasagne alla carbonara come primo e da pollo e gamberi al curry come secondo. Ovviamente nel buffet campeggiano i cavalli di battaglia di Peck, i migliori salumi e formaggi presenti nel negozio. I discorsi si fanno fluidi, merito delle bollicine di Ruinart, mentre la sala si riempie. Notiamo con piacere che Peck è pet-friendly (ad ogni cane viene offerta una vaschetta per l’acqua e alcune delizie direttamente dalla cucina) e la cosa non può che renderlo ancora più amabile ai nostri occhi.

Quanto al personale, che dire? L’eleganza per antonomasia. Ci alziamo dal tavolo con il palato deliziato dai mille sapori, mentre il maître Gariboldi ci accompagna all’uscita. E, mentre le porte del tempio del gusto, si chiudono alle nostre spalle mi sembra ancora di sentire, quel sapore di michetta al salame tipo Milano della mia infanzia.

 

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