Tarifa: capitale andalusa del vento

Di Isabella Pesarini

Lunedì. In un giorno assolato di agosto, dove la terra brucia e il sole scotta sulla pelle, tre ragazze italiane si avventurano per l’Andalusia, terra di storia e di natura selvaggia, punto di incontro tra diverse culture e due mari, l’Oceano Atlantico e il Mar Mediterraneo.

Atterrate a Siviglia bisogna aspettare il pullman che porta a destinazione, la capitale spagnola del windsurf e del kitesurf, una chicca sulla punta andalusa, proprio di fronte alle coste marocchine: Tarifa.

A pomeriggio inoltrato scendiamo dal pullman, certe di passeggiare comodamente su strade lisce e piene di palme. Al contrario, ci aspetta una vera e propria altalena sulle strade di ciottoli, che fanno piangere le ruote del trolley, mentre noi cerchiamo di restare in piedi tra le varie raffiche di vento che si susseguono impietose non lasciando il tempo di prendere fiato. È assolutamente necessario coprirsi la bocca con una sciarpa per non soffocare respirando sabbia e polvere, grazie al cielo la moda di questi ultimi anni prevede un foulard anche d’estate!

Nonostante le condizioni meteorologiche poco accoglienti resto incantata di fronte a uno spettacolo da cartolina. Davanti a me si apre uno scenario di viuzze e vicoli con un dolce sapore antico che ospitano vetrine di boutique e di negozi di artigianato, hotel, case bianche con le immancabili cascate di fiori che sbucano dalle ringhiere in ferro battuto lavorato delle finestre. E d’improvviso … una raffica di vento mi butta per terra, me e valigia insieme, senza accorgermene! Ecco perché la città è quasi tappezzata di tavole da surf!

Attraversiamo la Puerta de Jerez, ingresso alla città vecchia. I semafori pedonali durano al massimo un minuto! E, giusto per mettere fretta al povero pedone, sull’arancione viene segnalato un conto alla rovescia!

Finalmente poggiamo le valigie in albergo e ci dirigiamo verso la spiaggia per goderci almeno il tramonto in riva al mare. La sabbia è bianca, la spiaggia è lunga, per arrivarci bisogna percorrere un sentiero guidato sulla sabbia protetto da una staccionata, qualche paletto è stato divelto dal vento, che soffia senza sosta.

Le otto di sera si fanno sentire per il freddo che ben poco ricorda l’estate, ma non demordiamo e ci imbattiamo nei due segnali blu in legno che riportano due scritte: OCEANO ATLANTICO uno, MAR MEDITERRANEO l’altro.

Martedì. Le dodici ore di sonno ci hanno rigenerato, è metà mattina e ci dirigiamo in spiaggia. Un profumo invitante mi porta a sperimentare la colazione locale: succo d’arance fresche e brioche salata, ovvero una brioche classica tagliata a metà come un panino e farcita con emmental e prosciutto cotto. Una delizia! E ,soprattutto, una vera fonte di energia!

La spiaggia è libera, ancora i miei occhi non credono allo spettacolo di una spiaggia tanto lunga quanto poco privatizzata. Ci stendiamo sulla sabbia con gli asciugamani, preparandoci alla tintarella e alla morbidezza dei granelli che sembrano farina … ma ovviamente Tarifa ha preparato una sorpresa anche per oggi! La sabbia è tutt’altro che morbida, i granelli sono abbastanza grossi, è sufficiente una leggera brezza che la sabbia si alza e ti graffia senza pietà, è vetrosa, il vento che soffia sostenuto peggiora la situazione già da addestramento militare. Alzo gli occhi al cielo e resto stupita. C’è come una leggera foschia che non permette ai raggi del sole di arrivare a terra, infatti riesco a rimanere in costume da bagno per una ventina di minuti, è inutile, è impossibile abbronzarsi. Do un’occhiata intorno e, in effetti, siamo le uniche tre bagnanti in costume da bagno lungo tutta la spiaggia! Sono tutti con la muta e la tavola da surf! Sembra di essere capitate per caso sul set di Baywatch!

La meta tintarella viene abbandonata a favore di una gita tra le bellezze architettoniche della città.

Senza una guida turistica in mano capitiamo in un piccolo giardino su un’altura, da cui si può godere un panorama mozzafiato sul mare. Le lanterne per l’illuminazione catturano la mia attenzione: sono ospitate da vasi in pietra bianca a base ottagonale, sulle pareti sono raffigurati degli stemmi di chissà quale dinastia. Anche le panchine sono in pietra bianca, gli schienali lavorati con pietre gialle e verdi, quasi a formare un mosaico. Si respira aria di storia, alle spalle delle coste marocchine che tagliano l’orizzonte. Proseguiamo verso il centro città e ci addentriamo nel giardino vero e proprio. È impossibile non notare l’impronta araba nei mosaici incastonati nelle panchine di pietra, il viale di palme e un piccolo pozzo aggiungono quella pennellata in più per il capolavoro di scorci che Tarifa offre, timida, ma generosa.

La sera decidiamo di andare a cena. Non ho ancora parlato una parola di spagnolo, mi lancio fiduciosa, speranzosa del luogo comune della somiglianza con l’italiano. Un errore da non commettere mai! In Andalusia si parla il castigliano, lo spagnolo tanto amico che si parla a Madrid e che viene compreso con facilità da chi parla una lingua neolatina, ma l’accento è completamente diverso! Cerco di mascherare l’imbarazzo davanti a un bellissimo ragazzo che è il cameriere del nostro tavolo, ma non posso evitare il rossore sulle guance quando invece di capire un gesto di galanteria per aprire la bottiglia di vino capisco esattamente il contrario e mi alzo contrariata per aprire io quella stramaledetta bottiglia di vino! Ma il cibo è talmente buono e la compagnia così piacevole che dimentico presto il piccolo incidente …

Venerdì. Dopo due giorni alla scoperta di Cadice e Gibilterra proviamo nuovamente ad imbatterci nella spiaggia, ma il vento soffia talmente forte che anche stendere un asciugamano risulta un’impresa da supereroe! Per fortuna la spiaggia è attrezzata con tanti locali e chioschetti, quindi ci rifugiamo in un caffé marocchino, un elegante chioschetto al coperto rinomato per la varietà di té marocchini offerti. Assaggio un té nero dal sapore speziato, credo di riconoscere dello zenzero, particolare e prelibato!

Una delle due amiche ordina da mangiare. Le viene portato un piattino da frutta di forma quadrata su cui è poggiato un panino grosso come una mano. Saranno anche le quatro del pomeriggio, ma un bocadillo è pur sempre un bocadillo, di dimensioni standard! Forse non è la specialità del posto …

Anche oggi il cielo è coperto da una leggera foschia. I ragazzi del posto leggono la delusione sui nostri volti e ci spiegano che il cielo di Tarifa è quasi sempre coperto da una leggera foschia, a causa delle due diverse correnti che qui si incontrano, quelle del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico. Punto d’incontro che è anche la causa dei forti venti che soffiano ogni giorno sulla punta andalusa, per la gioia degli amanti del windsurf e del kitesurf.

Sperimentiamo nuovamente la serata a Tarifa. Usciamo a cena e torniamo nello stesso ristorante sul mare di martedì. Il vento soffia più forte, ci saranno all’incirca una dozzina di gradi, una situazione bizzarra per essere a soli 14 chilometri dalle coste marocchine a metà agosto, ma ormai abbiamo imparato a capire Tarifa e ci adattiamo, chi beve un sorso di vino in più, chi approfitta delle innumerevoli bancarelle per comprare una sciarpa. La passeggiata sul mare di Tarifa, un corridoio di poche centinaia di metri, si trasforma in un vero e proprio paradiso per lo shopping artigianale! Da un lato ci sono i ristoranti, dall’altro è possibile ammirare, per chi riesce a non cedere alla tentazione dell’acquisto, dei veri e proprio capolavori di bigiotteria, di bracciali in pelle, di lavorazioni a maglia. Lo spagnolo di Tarifa resta sempre un mistero, ma la comunicazione in inglese mi permette di regalarmi qualche ricordino …

Decidiamo di rientrare tardi, di sperimentare la movida spagnola. Tarifa è famosa tra i ragazzi per i chupito bar, una sorta di chiringuitos minuscoli in cui si ordina la consumazione e la si beve rigorosamente fuori, in piedi o seduti sui gradini delle abitazioni. Quindi le strade di notte pullulano di gente, non è difficile conoscere altri ragazzi, alcuni del posto, altri semplici turisti, altri amanti del windsurf, perciò degli aficionados a Tarifa. Per qualche ragione va di moda la caipirinha, la assaggio e … non ho mai bevuto una caipirinha tanto buona! Lo zucchero di canna resta sul fondo, la cachaça non diventa troppo dolce, il lime regala quella nota di asprezza per equilibrare il tutto.

Verso le tre del mattino, affamata, corro verso un chioschetto dedicato ai boccadilli di qualsiasi forma e gusto, riconosco la fila di decine e decine di persone che sentono il bisogno di mettere qualcosa sotto i denti dopo una notte fuori. Una specie di focaccia lunga al pomodoro e al prosciutto, un’altra specialità del posto, mi sazia con facilità.

 

Sabato. Terminiamo gli ultimi preparativi per tornare a casa, a Milano. Cerchiamo invano di pettinare una capigliatura che ha cambiato natura, una settimana piena di vento e sabbia ha trasformato dei capelli perfettamente lisci in un groviglio di dread da fare invidia a un cantante reggae. Salutiamo il Castillo de Guzman, la fortezza di Tarifa, e gli immancabili surfisti, che voleggiano sui cavalloni imbizzarriti sull’Oceano Atlantico. Saluto l’acqua blu e ghiacciata dell’Oceano, non resisto e mi tuffo per la prima e ultima volta di questa breve settimana andalusa. Un’esplosione di vita e una natura selvaggia impossibile da domare, questa è Tarifa.

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