Il forte rosso a Delhi

Sulle rive del fiume Yamuna, il più grande affluente del Gange, Delhi, la capitale politica dell’India, possiede un gran numero di templi, forti, moschee, parchi, edifici in stile coloniale e bellissimi giardini.
Sebbene ci sia solo l’imbarazzo della scelta, tra i monumenti da visitare assolutamente ci sono il Forte Rosso e il Complesso dove si trova il Qutub Minar.
Il Forte Rosso, il cui nome tradizionale è Lal Qil’ah, è il monumento più imponente di Delhi.
Con le possenti mura in arenaria rossa, da cui il suo nome, la sua costruzione ebbe inizio nel 1638 d.C, da parte dell’imperatore Moghul Shah Jahan, come cittadella di Shahjahanabad, la nuova capitale che il sovrano fondò nel territorio dell’odierna capitale indiana. Fu terminato dieci anni dopo.
Le mura, lunghe oltre due chilometri, hanno altezze variabili tra i 18 m, sul lato che guarda verso la città, e i 33 metri su quello rivolto verso il fiume.
La fortezza ha, al suo interno, tutti gli ambienti tradizionali delle corti Moghul sia per gli eventi pubblici che per quelli privati: Diwan-i-Am, la sala delle udienze pubbliche e Diwan-i-Khas, la sala delle udienze private, un palazzo in marmo adornato da cupole e archi, dove viverci doveva essere magnifico: qui si trovava il famoso Trono del Pavone, che il condottiero persiano Nadir Shah trafugò e portò in Iran nel 1739.
Dall’ingresso, il Lahore Gate, si entra sul Chatta Chowk, un passaggio coperto conosciuto anche come Meena bazaar, un mercato affollato di indiani e turisti che offre souvenirs di ogni tipo.
Poco oltre si trova la Naubat Khana, o Casa del Tamburo, dove risiedevano i musicisti di corte.
Da visitare anche l’Hammam, i bagni reali: tre sale con pareti in marmo decorate a intarsio di pietre dure con motivi floreali, lo Shahi Burji, la torre reale, zona privata di lavoro, di Shah Jahan e sede di riunioni segrete e la sala da preghiera Moti Majid, costruita dall’imperatore Aurangzeb quando voleva pregare da solo. Il pavimento è ornato da intarsi che imitano i musallas, i piccoli tappeti da preghiera, in marmo nero. Presso il Rang Mahal, Palazzo dei Colori, ornato di specchi e affreschi, l’imperatore ospitava il suo grande harem, mentre il Khas Mahal era l’abitazione privata del sovrano, suddiviso in tre ambienti diversi. Per tutti gli Indiani il Forte Rosso di Delhi è un luogo molto importante, anche dal punto di vista simbolico: da qui, infatti, nella notte tra il 14 e il 15 Agosto del 1947 il Pandit Nehru annunciò alla folla l’indipendenza dell’India.
Da allora, il 15 agosto di ogni anno, il Primo Ministro commemora l’indipendenza della nazione dai bastioni del Forte Rosso. Il Qutub (o Qutb) Minar fa parte del Complesso di Qutb, un insieme di monumenti antichi oggi sito Unesco a Mehraul, appena fuori Delhi. Gli edifici che compongono il Complesso vennero eretti durante il regno di Qutb-ud-din Aybak (1206-1210), il primo sovrano del Sultanato di Delhi, e durante il regno del suo successore Iltutmish (1210-1235), anche se non mancano costruzioni di regnanti dei secoli seguenti.
Il monumento più famoso è il Qutub Minar, vera meraviglia architettonica, costruito in arenaria rossa.
È il più alto minareto in mattoni del mondo e un importante esempio di architettura indo-islamica. È alto 72,5 metri, con una base larga 14,3 metri ed una sommità di 2,7 metri.
Gli studiosi ancora oggi si interrogano sul perché sia stato costruito questo minareto, oltre naturalmente che per la chiamata dei fedeli alla preghiera da parte del muezzin, qui nell’attigua moschea di di Quwwat-ul-Islam.
Tra le teorie, qualcuno pensa che sia stato costruito o come torre per festeggiare una vittoria, o come monumento all’Islam o, ancora, come torre d’avvistamento a scopo difensivo.
Anche sul nome del minareto esistono varie opinioni: alcuni storici credono che Qutb Minar derivi dal nome dal sultano Qutb-ud-din Aibak, mentre altri sostengono che sia il nome in onore di Khwaja Qutb-ud-din Bakhtiar Kaki, un santo originario di Baghdad che visse a lungo in India e fu molto venerato dalla popolazione.
Nel complesso di Qutb c’è un’altra meraviglia, la Colonna di Ashoka.
È una delle curiosità metallurgiche più famose del mondo: costituita al 98% di ferro, è una colonna alta 7,21 metri e pesante oltre sei tonnellate, eretta da Chandragupta II Vikramaditya (375 – 414), durante l’impero Gupta che regnò sull’India settentrionale fra il IV e il VI secolo d.C.
Sulla colonna è presente un’iscrizione che spiega la sua costruzione in onore di Vishnu – come mostra il Garuda, che di Vishnu è il veicolo, posto sulla sommità – e alla memoria dello stesso re Chandragupta II.
Quando Qutb-ud-din Aybak distrusse i templi preesistenti per erigere il Qutb Minar e la moschea Quwwat-ul-Islam, la colonna di Ashoka fu l’unica parte di quei templi che venne lasciata intatta; la moschea stessa si sviluppò intorno alla colonna, che ha sempre destato curiosità poiché, nonostante il clima monsonico, ha resistito alla corrosione per 1600 anni.
Recenti studi hanno scoperto che questo è stato possibile grazie ad un sottilissimo strato di ossido generato dalle particolare lega ricca di fosforo.

 

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