Paphos: nella casa di Dionisio

Sul podio delle professioni in cui mi immaginavo da piccola una volta diventata adulta, in ballottaggio con quella del veterinario o della ballerina della Scala, svettava l’archeologo. Colpa dell’essere cresciuta a pane e Indiana Jones che tra templi maledetti e ricerche di pietre verdi, con il suo cappellaccio di paglia e il sorriso guascone di Harrison Ford, aveva fatto sognare milioni di ragazzini. Ovviamente, se vi sto scrivendo ora, non ho optato per nessuna delle tre professioni in questione diventando una banale giornalista. Con il vantaggio di fare un lavoro, che mi ha permesso di incontrare, nel corso degli anni ballerine, veterinari e perfino un paio di archeologi.  E comunque mai nessuno che avesse le fattezze dell’esploratore americano.

Da ieri, siamo sbarcati a Cipro come inviati di  www.naticonlavaligia.it per testare la destinazione. Oggi, per la visita della città di Pafos, l’ente del turismo aveva predisposto una guida dedicata così, memore delle mie velleità del “vorrei scavare ma non posso”, ho chiesto di poter visitare le vestigia della casa di Dioniso.

Sapevo che i mosaici all’interno risalivano al III secolo avanti cristo. Mi ero documentata per non arrivare impreparata all’incontro con la guida. Sapevo che i soggetti trattavano della mitologia greca. E che questa forma d’arte era una metodologia amata dagli antichi per raccontare il passato, tramandando le storie, invece che su pareti affrescate attraverso pavimenti intarsiati di tessere musive. Ciò per cui non ero pronta era, però, trovare uno stato di conservazione così eccellente delle rovine in questione, scoperte per caso nel 1962, da un agricoltore che stava arando il suo campo.

Si viene accolti all’ingresso dall’allegoria di Narciso, reo della morte della ninfa Eco e perciò condannato ad amare la sua immagine riflessa nell’acqua. Ma è nel refettorio, dove chiudendo gli occhi il visitatore può immaginare triclini e vocianti convivi con schiavi in calzari e tuniche e alzate di frutta, che si celebra l’epifania di Bacco. Un dio giovane accompagnato dai satiri che gli danzano intorno.
Poco distante la Casa di Teseo prende il nome da un mosaico, che raffigura l’antico eroe greco mentre brandisce un randello contro il Minotauro. Ulteriori, superbi mosaici possono essere ammirati nelle altre dimore, quali la Casa di Aion, di Orfeo e la Casa delle Quattro Stagioni.

Ed è tra il mosaico del Minotauro, in cui il labirinto diventa una persona e l’epifania di bacco che abbiamo incontrato un archeologo. Un professionista della materia “scavi”, titolare di cattedra della facoltà di Archeologia intento a supervisionare i lavori di quelle che erano terme. Piegati sotto un sole cocente, i giovani, volontari inglesi e universitari in Erasmus provenienti dal mondo accendevano una babele di lingue, facendo riferimento a lui.

Un Indiana Jones in carne ed ossa.

(continua…)

 

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