Vienna d’agosto (II parte)

Vienna si presenta come una città viva e non è solo valzer, o Danubio, sacher torte, wiener schnitzel e birra gelida appena spillata. Vienna è una signora elegante che strizza l’occhio alla cultura con i suoi cento musei e, mentre “i due eroi” si ritemprano dalla mattinata al Prater io ne approfitto per andare alla conquista del Museum Quartier.

MusemQuartier, cosa vedere nel quartiere dei musei

Dal Prater, senza dovere cambiare linea della metropolitana, raggiungo in pochi minuti il MuseumsQuartier di Vienna, o MQ, uno dei dieci maggiori quartieri culturali del mondo. Un tempo spazio dedicato alle scuderie imperiali è oggi uno dei poli museali più ampio, con una superficie quasi 1000.000 metri quadrati su cui si alternano musei, istituzioni contemporanee, caffè e negozi, con una bella combinazione di edifici barocchi e architettura contemporanea.

All’interno delle mura appare il MUMOK, un monolite in basalto nero che ospita capolavori del Modernismo, della Pop Art, dell’Azionismo viennese; di fronte il candido Leopold punta i riflettori sui capolavori di Egon Schiele; mentre la Kunsthalle Wien in mattoni rossi, è il centro per l’arte contemporanea del Comune di Vienna. I loro edifici sono stati progettati, come l’intero MuseumsQuartier, dagli architetti austriaci Ortner & Ortner, che hanno giocato sui contrasti tra vecchio e nuovo. A essi si aggiungono l’Architekturzentrum Wien, riservato all’architettura, e lo Zoom Kindermuseum, indirizzato ai bambini ma, i musei raggiungono la considerevole cifra di cento, includendo la già citata Albertina, in un angolo dell’Hofburh, il Belvedere con la maggiore collezione di opere di Klimt, il Museo di Storia naturale con collezioni di antropologia, mineralogia, zoologia, botanica e altri ancora. Il MuseumsQuartier è anche un luogo d’incontro e una location predisposta per l’aggregazione. D’estate giovani e meno chiacchierano le grandi sedute in polietilene. Non resisto alla tentazione e, terminate le visite del Mumok e del suo dirimpettaio il Leopold, con gli occhi pieni di Shiele, mi riposo sdraiata su un Enzos. Già, perchè anche le sedute hanno un nome al MQ, nel grande cortile interno. La sosta dura il tempo per riprendere fiato, indossare la mascherina e mettermi in cammino.

In mezzo scorre il Ring.

Percorro lo splendido viale alberato del Ring, che nel 2015 ha compiuto 150 anni, su cui si affacciano le residenze più scenografiche della Vienna imperiale. Lungo i suoi larghi marciapiedi sfilano palazzi monumentali, giardini fioriti (tra cui il Volksgarten) musei e istituzioni, caffè e grand hotel, e transitano caratteristici tram rossi, carrozze trainate da cavalli, tanti ciclisti.  Tra tutti questi palazzi sorsero gli edifici di rappresentanza imperiali: Neue Burg, Kunsthistorisches Museum, Museo di Storia naturale, Opera di Stato e Burgtheater. Parallelamente furono costruiti edifici che rispondevano al nascente spirito democratico del popolo: Parlamento, Municipio, Università. Nel suo periodo più fulgido il Ring ospitava 27 caffè e i magnifici parchi che costellano i viali sono ancora oggi utilizzati come luogo di svago. L’aspetto attuale del Ring si deve all’opera dei migliori architetti dell’epoca, in primis Theophil von Hansen, Heinrich von Ferstel, Gottfried Semper e Carl von Hasenauer, che costruirono i loro edifici nello stile dell’eclettismo storicista, riprendendo stili di epoche precedenti: Rinascimento, Barocco e Gotico ebbero la loro rinascita. Con tutta la sua bellezza passata e presente, non si deve scordare che la costruzione del Ring costò sforzi e sofferenze immani. La produzione di mattoni per i sontuosi palazzi era un lavoro di grande fatica. Furono principalmente gli immigrati della Boemia e della Moravia, i cosiddetti “Ziegelbehm”, a produrre questo materiale, lavorando in condizioni quasi di schiavitù nelle fabbriche di mattoni della città. Una volta completato, il Ring soddisfò vari scopi, proprio come succede tuttora: è una delle arterie più importanti di Vienna, un’area di passeggio, un luogo per incontrarsi, strada commerciale e testimone di avvenimenti storici.

Rientro a casa distrutta ma con gli occhi pieni di bellezza pronta per l’ultima serata. All’appello manca una visita sulle rive del Danubio, crocevia di stranieri e di locali affacciati sull’acqua ma la stanchezza impone la sua scelta: restiamo in zona e andiamo alla scoperta del sedicesimo distretto così chiudiamo la nostra parentesi viennese con una cena libanese nel quartiere multiculturale dove alloggiamo. Tutto intorno al Brunnenmarkt nell’Ottakring, si è sviluppato un rione vivace e variopinto. Il mercato stesso è avvolto da un’atmosfera mediterranea. Nei suoi dintorni molti artisti hanno aperto botteghe dove vendono le loro creazioni rendendo il Brunnenmarkt e l’adiacente Yppenmarkt uno dei quartieri più colorati e animati della città. Dopo un calice di vino bianco aspettando che il sole si corichi sull’acqua, ceniamo con meze su un tavolino dalle gambe che dondolano al centro della piazza. Ci alziamo, respiriamo quel profumo confuso e speziato, un misto tra il fritto della cotoletta viennese, la moussaka greca e il cous cous magrebino su questa piazza che offre sapori per ogni palato ed ebbri di bellezza e immagini torniamo abbracciati verso l’hotel. Rimbaud abbaia a un cane ma scodinzola. E’ piaciuta anche a lui questa vacanza mittel europea ai tempi del COVID. Il mattino successivo lasciamo Vienna. In macchina, lungo i viali alberati che portano all’autostrada, rivedo la sontuosità di una signora che non disdegna sapori speziati che riportano in Oriente ma che brilla nella sua bellezza asburgica lasciando nei visitatori un ricordo dolce sul palato, con una consapevolezza: torneremo presto a trovarla.

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