Palazzo Reale e la luce di Monet

È stata luce a rendere gli impressionisti, fautori di un genere pittorico che divenne, fin dai suoi prodromi, uno schiaffo alle regole dell’accademia. La luce che insieme a pennellate imprecise e infantili, alla pittura all’aria aperta, all’utilizzo di persone comuni come modelli, e, alla scelta, ardimentosa di cimentarsi in piccole tele, divennero una vera rivoluzione copernicana nell’arte patinata e artefatta della Belle Epoque.

Palazzo Reale torna a stupire con una mostra, che ripercorre in sette stanze diverse, l’approccio verso la luce di un pioniere dell’impressionismo: Claude Monet. La collezione ospitata un percorso cronologico che ha come fine di ripercorrere l’intera parabola artistica del Maestro impressionista, letta attraverso le opere prevalentemente private, tanto da custodirle gelosamente nella sua abitazione di Giverny; opere che lui stesso non volle mai vendere e che ci raccontano le più grandi emozioni legate al suo genio artistico.

Il Musée Marmottan Monet – la cui storia è narrata nel percorso della mostra – possiede il nucleo più grande al mondo di opere di Monet e sebbene fuori dalle rotte classiche, in quanto nel XVI arrondissement, resta un sancta sanctorum con pezzi pregevoli figli dell’intimo di Monet.

Suddivisa in sette sezioni l’esposizione introduce alla scoperta di opere chiave dell’Impressionismo e della produzione artistica sul tema della riflessione della luce e dei suoi mutamenti nell’opera stessa dell’artista, l’alfa e l’omega del suo approccio artistico. Dando conto dell’intero excursus del Maestro impressionista, a partire dai primissimi lavori che raccontano del nuovo modo di dipingere en plein air e da opere di piccolo formato, si passa ai paesaggi rurali e urbani di Londra, Parigi, Vétheuil, Pourville e delle sue tante dimore.

Pennellate corpose ma delicatissime, dalla luce fioca ma spesso abbacinante capace di rendere capolavori pezzi come “Sulla Spiaggia di Trouville”, o le “Passeggiate ad Argenteuil”.

E se stupiscono i pezzi dei primi passi quando guidato da Boudin, il pittore dei cieli, si ispirò a lui per la scelta di ritrarre il mondo nelle sue sfumature e di dipingere en plein air dimenticando le luci delle candele delle botteghe, il vero salto si vede nel periodo inglese, dove dalla finestra dell’hotel Savoy immortalava il ponte di Charing Cross nelle sue sfumature avvolte da bruma e smog. Allora, quel “filtro nebbia” che troveremo anche nelle tele successive, diventerà una sua matrice avvolgendo i colori caldi di albe e tramonti. Infine, quando verrà colpito da una malattia degenerativa agli occhi e si troverà a confondere i colori, a causa di una cataratta invalidante, si dedicherà all’amato giardino che diventerà, a pieno titolo, metafora della sua esistenza. Si immedesimerà nel solitario salice piangente, dal tronco nodoso e dalle foglie baciate dal sole mentre il ponticello giapponese voluto sullo stagno di ninfee e vestito di glicini dai colori evanescenti, segnerà il suo testamento: un attimo fuggente di colori e di luce, nell’incanto di un’ora che non tornerà più.

Monet Opere dal Musée Marmottant

Palazzo Reale, fino al 30 Gennaio 2022

https://www.palazzorealemilano.it/mostre/opere-dal-musee-marmottan-monet-di-parigi

Ma scoprire che i colori di Monet e quella patina sui suoi dipinti che pareva nebbia sottile, nascevano da una degenerazione visiva è stata una scoperta. @palazzorealemilano ospita ancora per qualche giorno la mostra @museemarmottanmonet_ I

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