Il ghetto veneziano

Il cielo dopo la tempesta rivela un volto della città che spesso risulta sospeso. Cinto dai muri a secco, avvolto dalla coltre di smog, oscurato dai comignoli.  Se poi questo cielo abbraccia la laguna più famosa al mondo la tempesta è capace di tingere l’orizzonte dei colori delle tele del Tintoretto. E non c’è sestiere in cui è meglio perdersi, quando le nubi hanno sgravato ridondanti masse d’acqua, del ghetto veneziano. Una città nella città, con le sue cinque sinagoghe, il museo e le altissime case.
Tra i suoi tanti primati Venezia vanta quello del più antico e meglio conservato fra i quartieri ebraici del Vecchio Continente, nato nel 1516 in seguito alle disposizioni del Governo della Serenissima, che confinava gli ebrei in una zona circoscritta.

Ne fa fede la genesi genuinamente veneziana del termine ‘ghetto’, derivante da ‘getto’ e riferito alle fonderie che sorgevano nella zona d’insediamento medievale dei primi ebrei tedeschi, cui si deve la trasformazione gutturale della parola. Il quartiere si stende nel sestiere di Cannaregio, non distante dalla stazione ferroviaria, al margine degli itinerari turistici più frequentati. L’atmosfera d’altri tempi e l’inconfondibile fisionomia della zona, con calli e campielli bordati da case altissime e fatiscenti, è uno dei motivi che ne fanno una visita da non perdere.

Camminando tra le sue calli e i suoi campielli vi accorgerete che il quartiere conserva ancora un piccolo centro di vita ebraica.  Il punto di partenza dell’itinerario e punto di riferimento per la visita guidata dei monumenti del Ghetto è il Museo Ebraico, dotato di un sito internet ricco di informazioni storiche e pratiche, e di una mappa del ghetto.

La cucina degli Ebrei Veneziani

La cucina ebraica ruota attorno al concetto di cibo kashèr, ovvero ‘adeguato’, secondo i dettami dellaTorah applicati nel quotidiano dal rabbino. Motivazioni di vario genere, senza poter entrar nel dettaglio, comportano la messa all’indice del maiale, com’è risaputo, ma anche del coniglio e dell’anguilla, di crostacei e molluschi in genere, della carne in genere cotta nel latte e nei suoi derivati, panna e burro. Questo vale in assoluto, ma Venezia fa caso a sé perché in nessun altro luogo del mondo si è verificata una tale sovrapposizione di usanze.
Nel ghetto la sobria cucina degli ebrei ashkenaziti, giunti dalla Germania, si incrocia con quella esuberante dei sefarditi, originari dalla Francia meridionale e dalla Spagna, senza contare il contributo dei levantini e di tante altre eterogenee presenze legate ai commerci marittimi. Il piatto simbolo della cucina ebraica veneziana sono le sarde ‘in saor’, un agrodolce nel quale l’aceto l’aceto e la cipolla si sposano all’uvetta e ai pinoli – ma molte altre sono le specialità di questo particolarissimo filone etnico.

A seguire un video con le istantanee più belle. Buona visione…

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