Messico e Nuvole

Più che case…Haciendas!

È un viaggio nel tempo quello nello stato di Campeche, propaggine nord della regione yucateca in Messico. In una corsa per raggiungere le cime delle piramidi Maya o Tolteche oppure per sostare all’ombra di un passato dai sapori coloniali e dai colori forti: quello delle haciendas.

Dorme placida a picco sul mare nel punto in cui il tavolato calcareo dello Yucatan si confonde e viene a morire nell’acqua.

È Campeche, piccola perla sul Golfo del Messico distante anni luce dalla frenesia di Mexico City o dai bagliori intermittenti delle spiagge cristalline di Cancun. Essenziale nelle sue fattezze che riportano ad un passato coloniale dove lo sfrigolio dei macheti maya soccombeva sotto il sordo tuonare dei cannoni spagnoli. Unica controindicazione: bisogna dedicare tempo per la sua esplorazione. Perché Campeche va gustata con calma: magari salendo su uno dei sette baluardi che cingono il suo centro storico. Anche se è allontanandosi dalla costa che si perpetua, in un eterno presente, l’esperienza dei trascorsi coloniali.

Carretera 68


La carretera 68, caotica e polverosa arteria stradale, si allontana dalla costa per condurre a località che custodiscono vestigia Maya come Calakmul o che nascondono i segreti del Panama, il copricapo più famoso della storia cinematografica come Becàn.

Il Messico non smette di stupire il viaggiatore incredulo di fronte alla sua proteiformità: ovunque spunti. Tutti, però, nel rispetto della tradizione che viene perpetrata e conservata nei secoli. Come accade nella haciendas: sparse, con la stessa apparente casualità, delle piramidi Maya sull’intero territorio dello Yucatan.    Tra i 31 stati che compongono il Messico, lo Yucatan è quello più pianeggiante. Qui, 200.000 chilometri di pianura calcarea, raccolgono fiumi che seguono un percorso sotto terra creando splendidi specchi d’acqua nella rigogliosa foresta. Il suo etimo non dà adito a dubbi: “Maya Ciuthan”,  per dire “noi non vi capiamo” . Questo era quanto dicevano i Maya agli Spagnoli mentre questi brandivano le spade accecati dall’odio di chi non riesce a trovare la ricchezza nascosta nel fondo dei fiumi. Ben altre erano le ricchezze che custodiva lo Yucatan. Per questo, dopo una serie di campagne che si tradussero in sconfitte, nel 1542 gli Spagnoli capitanati dal conquistador El Mozo De Montejo, fondarono la città di Merida, la pallida, capoluogo dello Yucatan. Da allora intorno all’agricoltura cominciò a gravitare l’intero assetto coloniale spagnolo. Per questo motivo già dal 1600 nacquero le Haciende, estendendosi a macchia nella pianura messicana. Due furono le età dell’oro che si avvicendarono: quella tinta di giallo come le pannocchie di mais cui era dedicata e la più recente legata all’Henequen, una varietà di cactus dell’agave da cui si ricavava cordame e considerata l’oro verde del Messico.

Nel cui nome si arrivò a combattere perfino una guerra.

La guerra delle due caste

Fu così che nel 1848 i grandi proprietari presi dall’ambizione di diventare una cosa unica con l’America, addestrarono e armarono gli indios all’impresa compiendo un grandissimo errore di strategia. Questi ultimi si rivoltarono sui loro padroni andando incontro ad uno sterminio generato da un evento naturale da loro interpretato come una manifestazione sacra. Il cielo si oscurò di formiche alate migranti per l’arrivo delle piogge; tale segno per i Maya significava siccità e per combatterlo occorreva piantare mais. Abbandonarono i fucili raggiungendo i campi: l’epilogo della sanguinosa pagina della guerra delle due caste era finalmente arrivato anche se l’inchiostro usato era rosso sangue.

Le piaghe della guerra non riusirono comunque a offuscare l’importanza delle haciende che anzi si moltiplicarono come icone di un passato coloniale. Dotate della stessa  struttura architettonica, dai colori caldi contrastavano con l’epifania cromatica fredda della natura circostante. Da allora l’Hacienda sarà vissuta non più solo come casa, ma come luogo di rappresentanza e di incontro tra culture e storie diverse. Dove sostare, chiacchierare, confidarsi e perdersi nel dedalo dei percorsi tra liane e jungla.

 

Patrizi e plebei

 

Alla base di un sistema economico introdotto dagli spagnoli nel sedicesimo secolo, prossimo a quello feudale in Europa, le Haciendas sorgono come centri di manifattura per poi diventare sedi di aziende agricole basate sulla raffinazione di materie prime, dividendosi in due periodi a seconda delle coltivazioni. Caratterizzate da una rigida struttura feudale all’interno, si fondavano su un’antitesi principale: quella tra gli haciendados, o latifondisti nel ruolo dei padroni e gli indigenos, i Maya, che rappresentavano invece la casta degli schiavi.

La volontà di enfatizzare lo status delle due caste è percepibile anche architettonicamente. Da una parte la casa principale era la residenza dell’haciendado che qui viveva con la sua famiglia controllando la gestione della proprietà. Poco lontano dalla villa principale sorgeva invece la Casa della macchina dove avveniva la lavorazione dello henequen. Una cappella, la casa del Maggiordomo, residenza del caporeparto e una serie di costruzioni più piccole adibite a ricettacolo per la servitù e per la conservazione delle derrate alimentari completavano la struttura di questo ecosistema in miniatura.

Leso nel suo equilibrio da una guerra di caste il percorse quel tavoliere calcareo dello Yucatan.

In tutta la sua lunghezza. Nel tempo in cui la Carretera 68, oggi sgangherata e polverosa arteria statale, era un’utopia insospettabile.

 

Boxino:

Vita…da Hacienda!

Per rivivere i fasti del passato spagnolo e immergersi nel clima dell’hacienda senza rinunciare ai confort di un cinque stelle, lo stato di Campeche offre numerosi spunti.

L’Hacienda Uayamòn, nasce nel XVI secolo come allevamento di bestiame per svilupparsi nel XIX quando le sue attività si diversificarono con la produzione di canna da zucchero, henequen e mais. Divenne un modello produttivo all’apice del suo splendore,  attingendo dagli ultimi progressi della tecnologia come l’energia elettrica e la ferrovia. Oggi la vecchia casa padronale è un hotel de charme distante 27 Km a sud-est della città di Campeche.

Situata a 31 Km a nord-est del municipio di Champotòn è, invece, l’Hacienda San Josè Carpizo che brilla per l’architettura neoclassica rimasta integra fino ad oggi. Il complesso comprende la casa principale, una cappella e varie costruzioni limitrofe adibite a sala macchina, ferramenta e falegnameria.

A completare il trittico delle haciende, la più suggestiva; l’Hacienda Blanca Flor. Immersa in una lussureggiante jungla è un’oasi tra le liane che si trova a 63 Km a nord di Campeche.

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