Milano: dentro un romanzo di Jane Austen

Incarnati eterei, sguardi rarefatti, capelli sciolti dalle sfumature ramate, donne imbronciate in cerca dell’estasi. Ma anche allegorie legate alla bibbia o ai grandi romanzi storici dove dame innamorate si struggono di passioni laceranti ma impossibili, senza perdere il carattere di donne in grado di far capitolare con un solo battito di ciglia. Un fascino profondo, immortale, seppure lontano e ieratico. Sono le muse “rosse” dei Preraffaelliti, associazione artistica influente per la pittura vittoriana (XIX secolo), nata nel settembre del 1848, sviluppatasi ed esauritasi in Gran Bretagna. Ascrivibile alla corrente del simbolismo, può essere definita – insieme al raffinato simbolismo di Klimt e alle forme del liberty – la trasposizione pittorica del decadentismo.
La Confraternita si sviluppò durante l’età vittoriana, periodo particolarmente importante sia per la società che per le arti britanniche. Allora si segnò l’affermarsi di valori borghesi come la fedeltà al Paese e la fede nel progresso, era reduce dalle grandi innovazioni artistiche di Johann Heinrich Füssli e William Blake, che aprirono la strada al romanticismo, vivendo proprio in quegli anni la grande rivoluzione del decadentismo con Oscar Wilde. I Preraffaelliti raggiunsero l’apice della loro fortuna critica grazie a John Ruskin, che nel 1851, dopo una serie di feroci critiche da parte dello Household, del Times e di Charles Dickens, scrisse due appassionate elegie dei dipinti Preraffaelliti ed un saggio intitolato Preraphaelitism, in cui annoverava la loro pittura nell’arte moderna e confrontava le loro tecniche con quelle di William Turner. I maggiori pittori preraffaeliti includono i tre fondatori del movimento John Everett Millais, Dante Gabriel Rossetti e William Hunt.
I capolavori della confraternita sono celebrati all’interno della mostra I preraffaelliti. Amore e Desiderio (fino al 6 Ottobre a Palazzo Reale) che ospita una raccolta con i principali pezzi dei fautori di questa avanguardia, il cui obbiettivo era quello di offrire una pittura non rinascimentale ma ispirata all’autenticità dell’arte medievale antecedente a Raffaello. Dove protagonisti, per lo più donne, dagli occhi languidi, le forme slanciate e le pelli diafane, rappresentavano una forza non nascosta nella fisicità ma capace di sovvertire l’arrendevolezza di un apparente punto di vista.

 

Questo slideshow richiede JavaScript.

Related Articles