Di Luisella Aimone
Lasciammo Luang Prabang di mattina,attraversando la città- ancora buia -avvolta nella nebbia. Da entrambe i lati della strada e dalla collina del Phousi scendevano i monaci scalzi, avvolti nelle tuniche color ocra,portando sul fianco i contenitori d’argento della questua, davanti i più’ anziani,poi gli adolescenti,ultimi i bambini,anche alcuni cani affettuosi seguono la fila che corre rapida sui marciapiedi. Ogni mattina gli abitanti devoti della antica capitale del Laos aspettano i monaci davanti alla casa o al negozio,in ginocchio con una ciotola di riso fumante,nell’aria si diffonde il profumo del riso.
Il Mekong che nasce nell’altopiano del Tibet dopo un lungo viaggio nello Yunnan e ai confini con la Birmania,giunge a Luang Prabang giallo di terra e impetuoso.
Scendemmo all’imbarcadero situato in fondo ad una ripida discesa perché il fiume era in secca, salimmo su una lunga lancia. La risalita del fiume fino al confine con la Thailandia,durerà’ due giorni con una sosta per la notte nel villaggio di Pakbeng. La barca e’ lunga circa35 metri,c’è’ un timoniere a prua,le macchine sono a poppa,dove la barca ha una una parte coperta, dove abita la famiglia del barcaiolo. Le long-boat che percorrono il Mekong dal Triangolo d’Oro fino al Vietnam portano le persone e anche le merci. La barca zigzaga da una costa all’altra per evitare rocce e banchi di sabbia.
Sul fiume incrociamo altre barche. Il paesaggio e’ selvaggio. Montagne ricoperte da foreste fittissime,non si vedono ne ponti ne strade. Di tanto in tanto un affluente rinvigorisce la portata del fiume. Notiamo qualche raro monastero o un stoupa dorato,poi giungiamo alle grotte di Pak Ou dette ‘dei mille Budda’,che ospitano centinaia di piccole statue di devozione lasciate da fedeli nel corso alcuni secoli .
Si scorgono villaggi nascosti tra gli alberi, i tetti sono di paglia. Sulle rive del fiume si vedono bambini che rincorrono una ruota di bicicletta,donne intente a fare il bucato, gruppetti che gioiosamente si dedicano alla pulizia personale. Salutano il passaggio della barca congiungendo le mani in un inchino gentile.Tirano a riva le reti da pesca,sciolgono i nodi delle reti,con movimenti lenti.
Un aforisma recita che i vietnamiti piantano il riso,i cambogiani lo osservano crescere e i laotiani lo ascoltano.
Quasi tutti gli adulti che scorgiamo sono interamente coperti per proteggersi dai raggi del sole e portano cappelli conici di giunco ma i bambini in riva al fiume giocano nudi.
Possiamo osservare la pesca con lughe reti nelle acque basse,la raccolta delle alghe, la ricerca di pagliuzze d’oro con grandi cesti di paglia,la coltivazione del mais,numerose vacchette e ancora di pesce,il canto di un gallo. Sugli scogli più’ esposti al sole sono disposti a seccare semi,pennacchi per scopini,radici,e anche piccoli pesci.
Di tanto in tanto per un segnale a noi misterioso,la barca accosta,qualcuno sale,altri scendono,altri consegnano merci trasportate su un bilanciere formato da una canna di bambù con appesi due grandi cesti. Indoviniamo le etnie,dalla forma dei cappelli,dal drappeggio e dal ricamo del sinh .
Giungemmo a Pakbeng nel rosso infuocato del tramonto. La barca accosto’ a fianco di una imbarcazione un poco più’ elegante che giungeva da nord con una comitiva di anziani turisti Francesi. Arrancammo fino al villaggio con i nostri zaini pesanti ,ma fu facile trovare una sistemazione per la notte,la guesthouse aveva un grande terrazzo che dominava l’ansa del fiume. Malgrado il buio totale la luna piena ci permetteva di indovinare il corso del Mekong verso nord come una lingua d’argento. Alcuni ristorantini all’aperto accolgono i passeggeri delle due barche che ogni sera fanno sosta nel villaggio con menu dai nomi esotici come Pizza, ‘Spagetti’, Cheeseburger, e l’ormai insostituibile connessione WIFI. Una piccantissima insalata di papaia verde, una noodle soup e sticky rice su foglia di banano furono la nostra cena.
Al mattino trovammo un croissant e caffè’,vero caffè’ filtrato,ricordo della colonizzazione francese.
Ripartimmo alle prime luci dell’alba,la lunga barca incrociò alcune speed boat che piccole barche a motore che viaggiano a velocità forsennata con un rumore fragoroso, i passeggeri portano il casco e si tengono saldi ai sedili di legno.
Dopo una grande ansa scorgemmo un villaggio, alcune persone facevano dei gesti,la barca accostò e da uno scoglio saltarono sulla barca un bambino con una camicia bianca ordinatissima chiusa con alamari ricamati e aveva con sé una gabbia con dentro una gallina,una bimba che portava un singh nero ricamato e una borsa variopinta,una donna giovane scalza che dallo scoglio con un balzo si lanciò sulla prua della barca reggendo due grandi borse che posò a terra e poi aiutò a calarsi nella barca un’altra donna che portava una bimba avvolta in una sciarpa annodata intorno al collo.
La ragazza scalza era alta,con i fianchi stretti e aveva occhi pungenti e stranamente chiari, una leggera peluria sulle labbra,portava una gonna (sinh) trattenuta da una cintura d’argento di elaborata fattura. . Si tolse il copricapo che era di tessuto grezzo rosa e blu . Portava un orecchino d’argento a forma di freccia,e un cerchietto di osso sul capo, un fermaglio d’argento lavorato,antico, tratteneva i capelli sulla nuca. Si sedette dietro di me e osservava il mio maneggiare sul tablet. Mi spostai sul sedile accanto a lei e le mostrai i segreti del tablet e le foto del nostro viaggio: Non emise mai alcun suono ne mai parlò con i suoi compagni di viaggio,ma il suo viso espressivo e primitivo non nascondeva l’ incanto e lo stupore per le immagini dei templi di Angkor e tenerezza nel guardare il video del mio nipotino Carlo,nato poche settimane prima. Ma quando le proposi di scattare una foto di noi due,si ritrasse impaurita nascondendo il volto con una falda del suo copricapo rosa.
Tornai al mio posto,il verde delle foreste e le grandi montagne e le attività dei pescatori lungo il fiume scorrevano come in un filmato al rallenty . . Dietro a quelle montagne c’erano ( e temo ancora ci sono) grandi coltivazioni di oppio.
Poi la ragazza prese la grande borsa e estrasse dei pacchetti di foglie di banano che contenevano del riso glutinoso e del pesce secco frantumato e li distribuì ai suoi parenti La donna del timoniere offrì una tisana calda. Ad un tratto uno dei passeggeri che sedeva nella parte anteriore dell’imbarcazione urlò ”attenti attenti ” La ragazza si tuffò sopra i due bambini, la donna con la neonata si curvò sul sedile coprendo la piu’ piccina : davanti a noi ecco una roccia alta alcuni metri, il timoniere tentò una virata ma non pote’ impedire che la barca sbattesse violentemente contro di essa. Per fortuna nessun contuso e la prua di ferro della barca non mostrò segni di cedimento, la barca aggirò lo scoglio e riprese il suo lento incedere verso Huai Xai