Carnevale valdostano

Canti, danze, scherzi e un pizzico di follia. In Valle d’Aosta c’è un momento dell’anno in cui è concessa una dose abbondante di bonari eccessi e frenesia. Ad una condizione: che l’intera festa si svolga rigorosamente in maschera. L’occasione – tanto attesa dai valdostani ma anche dai turisti – è rappresentata dai vari Carnevali che animano la regione da fine gennaio a metà febbraio. Tra questi, uno dei più importanti e storici è il Carnevale della “Coumba Freida”, ossia quello della fredda Valle del Gran San Bernardo.
In questo periodo tutti i comuni della vallata – tra cui quelli di Doues, Allein, Saint-Rhémy-en-Bosses, Saint-Oyen, Etroubles e Gignod – hanno consuetudini simili, all’insegna di un Carnevale particolare, carico di mistero, storia e tanta stravaganza tutta da scoprire.
I costumi tipici di questo Carnevale – le landzette – altro non sono che la trasposizione allegorica delle uniformi dei soldati francesi. Questi abiti costosi, confezionati interamente a mano, sono arricchiti di perline, pailettes e specchietti, che riflettono la luce e allontanano gli spiriti maligni. Infatti, è risaputo che, storicamente, il Carnevale è uno dei momenti per rivivere gli arcaici riti propiziatori legati alla fine dell’inverno e al risveglio della primavera.
Durante gli ultimi giorni di questa grandiosa festa si svolgono le sfilate ufficiali. Per esempio, a Saint-Rhémy-en-Bosses si può ammirare un corteo ricco di personaggi. Da Napoleone Bonaparte – talvolta a cavallo – alla guida, che sventola una bandiera e dirige la sfilata con una cornetta. A seguire, i suonatori, un inquietante diavolo che stuzzica le persone con il forcone, arlecchini e “demoiselles”, i colori delle landzette (prima i neri come simbolo dell’inverno e poi i bianchi per la bella stagione), lo toc e la tocca (il matto e la matta: due sposi anziani che litigano tutto il tempo e che rappresentano il tipico rovesciamento dei ruoli del carnevale). Infine, arriva l’orso, simbolo della natura e della fecondità.

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