Il nome “ghetto” sottende una storia lunga. Cominciata centinaia di anni fa, dove la fama degli ebrei di essere ottimi commercianti aveva imposto su di loro etichette spesso poco lusinghiere. Per questo si era chiesto che i commercianti fossero “circoscritti” all’interno di quartieri. Venezia, città di frontiera e commercialmente attiva fu la prima in Europa a costruirne uno.
Non per nulla, la parola ghetto, così diffusa in tutte le lingue, trae origine proprio da qui, dalla parola veneziana “geto”. Anticamente, nel primo medioevo, si trovava infatti in questa parte della città un’antica fonderia (un “geto” in veneziano) che serviva a forgiare le bombarde, i piccoli cannoni delle navi veneziane. Quando, per motivi politici, nel 1516 la Repubblica della Serenissima stabilì per legge che tutti gli ebrei dovessero vivere e risiedere qui, la popolazione proveniva per lo più dall’Europa Centrorientale e fu proprio a causa della loro pronuncia che il termine veneziano “geto”, venne storpiato in “gheto” (letto alla tedesca), originando il termine adottato da allora e diffuso in tutto il mondo.
La presenza ebraica a Venezia è attestata già prima dell’anno mille, anche se bisognerà aspettare il tardo Trecento per poter apprezzare un insediamento consistente e stabile. A poco a poco, nonostante l’alternarsi di permessi e divieti di soggiorno in città, gli ebrei divennero a Venezia un nucleo considerevole e avvertendo la necessità di organizzarne la presenza, il governo della Repubblica, con decreto del 29 marzo 1516, stabilì obblighi e restrizioni per tutta la popolazione ebraica. Si decise così, che tutti, dovessero vivere in una sola zona della città, senza poter uscirne né di notte né durante le festività cristiane.
La zona del ghetto già a quel tempo si presentava come al giorno d’oggi: una piccola isola, circondata da canali, i cui accessi avvengono solo tramite due ponti. In corrispondenza di questi, un tempo, c’erano dei robusti cancelli, che venivano chiusi e sorvegliati di notte, poiché agli abitanti era permesso uscire dal quartiere solo di giorno e con appositi segni distintivi. Se fate attenzione, ancora oggi, si possono vedere i fori dove affondavano i cardini dei cancelli.
Le sinagoghe del ghetto sono difficilmente riconoscibili dall’esterno, essendo ricavate all’ interno di palazzi preesistenti e si trovano tutte all’ ultimo piano, giacché per religione non può esserci nulla di terreno al di sopra della sinagoga.La sinagoga è considerata qualcosa di più complesso di un luogo di preghiera. Sono luoghi di aggregazione dove vengono prese le decisioni più importanti per la comunità, si celebrano i passi più importanti per la persona e ci si ritrova per leggere e commentare pezzi del libro sacro, la Torah. Perché le “riunioni” possano avere luogo, è necessario che ci siano almeno 10 uomini presenti. Tutti i presenti possono inoltre leggere pezzi della Bibbia, ma solo il rabbino può commentarli. Le donne che desiderano prender parte a questi incontri possono assistere da una zona separata rispetto agli uomini, in un matroneo sopraelevato o separate da apposite grate.