Milano: la pinacoteca di Brera e i giornalisti di serie B

Alla pinacoteca di Brera ci sono andata più volte a dispetto di mio marito che non l’aveva mai visitata. Siamo entrambi giornalisti e se lui ha guadato il magico mondo della scrittura di viaggi da qualche tempo, io scrivo per il turismo da circa diciotto anni: una maggiore età raggiunta con la consapevolezza che raccontare le proprie esperienze vissute, vale spesso di più di trovarsi a viverle perchè incantati da una pubblicità: ho vivido il ricordo del bacio di Hayez e gli occhi chiusi ma lividi del Cristo del Mantegna e volevo scrivere un breve reportage per Naticonlavaligia, raccontando un’inedita pinacoteca di Agosto in cui la canicola incombe e il turismo è distratto.

Per cui chiamo il numero indicato da Google al fine di ricevere informazioni per l’accesso stampa. Dopo ripetuti squilli, risponde un addetto che svogliatamente mi suggerisce di chiamare la biglietteria (peccato non conosca il numero). Lo trovo online e chiamo. Mi risponde una voce femminile a cui spiego il motivo della visita, ovvero un reportage sul portale naticonlavaligia e lei chiede se sono professionista. Sembra infatti che i pubblicisti, pur pubblicando, debbano pagare il loro ingresso.

Le dico che non mi era mai successo e lei ribadisce secca che le normative sono queste. “Ma da quando?” Chiedo, consapevole di essere entrata in passato con il tesserino. “E’ così.” Chiudo la conversazione, perchè quando i muri sono di gomma, la voce rimbalza ma, detto ciò, spero di essere stata sfortunata e di essere incappata in due impiegati che avrebbero preferito essere altrove il 10 di agosto ma sono rimasta basita e mi informerò per capire se la pinacoteca di Brera applica veramente una differenza tra giornalisti di serie A e giornalisti di serie B. Cosa a cui onestamente non voglio credere.

 

A seguire la scansione della foto del sito di Brera che riporta l’ingresso gratuito per i giornalisti (senza alcuna differenza) iscritti all’Albo. Dove è la verità?

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