Ginevra: scende la notte

Di Isabella Pesarini
Soirée numéro 1. La notte a Ginevra inizia silenziosa, deserta. Sono nel capoluogo svizzero insieme a un amico, nel quartiere Plainpalais. Che strano! Fino al tramonto il viavai di studenti, lavoratori, turisti e passanti mi aveva dato un’idea vivace della città, ora in piazza regna il silenzio più assoluto.
Notiamo due ragazze sedute sul marciapiede davanti a Starbucks, chiuso dalle otto di sera. Sono le persone perfette a cui chiedere dove andare a bere una birretta dopo cena, sono anche le uniche! Le ragazze ci consigliano il posto più famoso tra i ragazzi tra i venti e i trent’anni, il più alla moda, che si trova esattamente dall’altro lato della piazza.
La piazza è buia, appoggiati ai pali della luce, ai bagni pubblici, a qualche sporadico albero della piazzola non posso fare a meno di tener d’occhio una decina di facce per nulla raccomandabili. Do uno sguardo veloce alla faccia del mio amico. Anche lui appare preoccupato, i miei timori sono condivisi. In silenzio raggiungiamo il marciapiede opposto.
Il locale è di fronte a noi. La vista di un centinaio di ragazzi mi ridà sicurezza, cancellando al volo ogni ombra di sospetto.
Entriamo in quello che ha tutte le credenziali per essere definito Irish pub: insegna verde, scritta dorata che rimanda alla birra di Ginevra, Elephant, tavoli di legno, atmosfera semplice, birra ovunque, nessun posto libero. Mi avvicino a un tavolo dove il ragazzo più grande del gruppo avrà diciott’anni, gli chiedo gentilmente se ci possiamo sedere nei pochi posti rimasti liberi finché gli amici non li raggiungeranno. Acconsente. Avevo visto giusto! Per tutta la sera non si sono visti gli altri diciottenni, i ritardatari sono diventati assenti. In fondo, è sempre capitato che in un gruppo di oltre dieci persone qualcuno trovasse altro da fare, di sicuro negli anni delle scuole superiori!
Abbiamo ordinato due Elephant. La misura che chiamano pinta è in realtà una birra da 33 cl, in Italia la chiamamo piccola! Per pagare ho solo gli euro, grandissimo errore. Da listino ogni pinta di Elephant viene cinque franchi svizzeri, in euro mi trovo a regalare l’equivalente di un franco e mezzo. Voglio capire qualcosa di più delle abitudini locali. Com’è possibile che per tutta la giornata ho pagato in euro qualunque tipo di cosa e nessuno ha fatto storie? Inizio a chiaccherare con le ragazze dall’altro lato del bancone, loro mi spiegano che la sera nei locali si accettano solo franchi poiché in cassa hanno solo questa moneta e non hanno modo di affiancare una cassa in euro. Il loro timore è quello di non avere i pezzi per il resto quando servono. Ma se a Ginevra vive e lavora gente che viene da tutto il mondo! Le sedi delle maggiori organizzazioni mondiali di ogni tipo sono qui! Mi volto. Vedo tanti ragazzi, la maggior parte di loro sono studenti, minorenni, svizzeri. Non vedo nessuno che possa dare l’idea di un lavoratore. Forse chi lavora qui non frequenta questo genere di locale …
Abbandono i pensieri e sorseggio l’Elephant. La birra chiara, leggermente dolciastra, di poca gradazione, ghiacciata, è il vero successo del locale. Tutti stanno bevendo l’Elephant! I pochi astemi presenti dichiarano la loro scelta bevendo acqua, in bottiglia.
Sono da poco passate le 23. Vogliamo essere in albergo a Place Cornavin per mezzanotte, perciò usciamo dal pub. Molti ragazzi stanno tornando verso le rispettive automobili, rimango a bocca aperta. È sabato sera! Pian piano il locale si sta svuotando, gli ultimi a lasciare il pub sono i fumatori relegati all’aperto per accendere una sigaretta. Anche a Ginevra è vietato fumare all’interno dei locali.
Sul lato di Starbucks prendiamo la linea 15, che in meno di un quarto d’ora ci porta in stazione, a Place Cornavin.
Penso alla differenza culturale tra le stesse generazioni di due Paesi così vicini, l’Italia e la Svizzera. Ma la comodità del cuscino prende presto il sopravvento per far piombare i pensieri in un sonno profondo.

Soirée numéro 2. Stiamo camminando tra Place Cornavin e Mont-Blanc, lasciando il lago alle spalle. Sono le dieci di sera, le strade sono pressoché deserte. Rimango di stucco, non è freddo, non c’è vento, il cielo è terso, come mai non c’è nessuno a popolare le strade per una passeggiata dopo cena?
Finalmente un pub! Un … Irish pub? Un altro? Il mio amico mi intima di non fare la difficile, nei dintorni non c’è niente se non posti per mangiare, che chiudono alle dieci e trenta.
Entriamo. Siamo come catapultati in Irlanda! Dentro si parla e si legge inglese, le scritte sui muri, le affissioni, gli stendardi, lo stesso barman è un irlandese che spilla birre a una velocità pazzesca! Molte persone sono sedute al bancone, parlando e scherzando col barman. Ascolto la musica di sottofondo. Rock, punk, tutti gruppi irlandesi, inglesi ed americani. Il colore predominante di capelli tra i clienti è il biondo chiaro, quello della pelle è il rosa pallido enfatizzato, ogni tanto, dalle lentiggini su qualche guancia di ragazze che sembrano le copie viventi di Heidi e di uomini che potrebbero rubare la scena ad Asterix e compagni.
Ci sediamo in completo relax. Qui si ride, si scherza, tutti si conoscono e parlano tra di loro, anche tra tavoli diversi. Il barman lavora solitario, ma tra una birra e l’altra non si lascia scappare l’occasione per una battuta col vecchio intenditore di birra che si siede sempre allo stesso angolo, per un’occhiata dolce alla fanciulla dallo sguardo più caldo, per ballare come vuole il brano musicale di sottofondo.
E le pinte qui sono delle vere pinte di birra! Si paga in franchi, anche qui.
Entrano ed escono sempre irlandesi, ci troviamo forse nel quartiere Irish?
È passata da poco la mezzanotte, uscendo troviamo gli stessi irlandesi che hanno lasciato il bancone da oltre un’ora! Sono qui, davanti al locale, a scherzare, a parlare, a divertirsi.
Quando mi metto a letto sorrido pensando alla leggerezza di un gruppo di persone probabilmente ghettizzate, ma che non hanno perso la voglia di ridere.

Soirée numéro 3. Ultima sera a Ginevra! Come da abitudine perpetuata per tanti anni, i soldi rimasti in cassa comune non devono tornare a casa, ma devono essere spesi per la cena prima della partenza. Se si aggiunge il fatto che il portafoglio contiene solo franchi svizzeri, il ragionamento è di conseguenza giustificato!
Sono tre giorni che sento parlare di fondue, formaggio fuso servito bollente in una terrina di cotto. L’acquolina in bocca mi sta trasformando in una belva famelica. Stasera si mangia fonduta! Con gioia condivisa dal mio amico, anche lui alquanto smanioso di assaporare tale prelibatezza.
Anche questa sera ci troviamo tra Place Cornavin e Mont-Blanc, in direzione del lago. Entriamo in un ristorante chiccoso, piccolo, della dimensione di quattro tavoli da due, con la cucina a vista. La maîtresse ci accompagna al tavolo, lo apparecchia e ci annuncia le specialità del giorno, con un sorriso sfavillante. Prima di ogni cosa, ci chiede quale vino desideriamo, aprendoci la carta dei vini. Optiamo per un rosé, in vista della fonduta. La maîtresse ci suggerisce di ingannare l’attesa con un antipasto, per esempio, perché non provare l’invitante piatto di bresaola con verdure, che calma la fame, ma non sazia? È impossibile resistere a tanta cordialità, accettiamo il consiglio con piacere.
Arriva il vino, e il secchiello con ghiaccio per tenerlo in fresco. Vinciamo l’attesa di oltre mezz’ora di preparazione della fonduta gustando le fettine sottili di bresaola sul pane.
Finalmente, arriva la fonduta! Oggi siamo capitati in un giorno speciale, tra i piatti del giorno è compresa la fonduta di formaggi alla crema di champagne guarnita dai funghi porcini. Una delizia!
La sensazione vellutata nel palato è uno dei massimi piaceri golosi che una persona dovrebbe regalarsi almeno una volta nella vita! Finiamo tre ceste piene di pane, che accompagnano con la sostanza la crema afrodisiaca di quei formaggi, di quei funghi, di tanto champagne!
Sarà stato il vin rosé, oppure lo champagne che esaltava il sapore della fonduta, ma quando arriva il conto credo di aver esagerato col vino. Centoventi euro! È impossibile! Guardo speranzosa il mio amico, confidando in una risata di fronte alla mia preoccupazione. Sorride, ma scuote la testa. Vedo che pian piano estrae il bancomat dal portafoglio, i franchi svizzeri che popolano le nostre borse evidentemente non bastano! Centoventi euro! La maîtresse è riuscita a raccimolare un bel guadagno con eleganza, allegria e seduzione. Di fronte a tanta maestria non possiamo fare altro che pagare, in silenzio, ma ugualmente contenti della bontà di una simil cena.
È l’ultima notte a Ginevra. Ripenso ai giorni che ho trascorso qui. Guardo le strade, non c’è nessuno. Ginevra va a dormire presto, Ginevra lavora, Ginevra decide, Ginevra studia, Ginevra nel dì non si ferma mai e di sera, come i cigni e le gallinelle d’acqua che si acquattano per dormire sulle acque del Lac Léman, si ritira, in attesa del nuovo giorno.

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